mercoledì 23 giugno 2010

Ricordando Radio Pesaro Centrale.


Libreria Il catalogo - Pesaro
Mercoledì 23 giugno 2010 - ore 18,30
Storie di radio a Pesaro
Da Radio Pesaro Centrale a Radio Pereira

conversazione con:
moderatore:
Paolo Angeletti
radio pesaro centrale:
Gianni D'Elia, Paolo Teobaldi,  Pino Longobardi (R.P.C. e radio città futura Roma),
Italo Campagnoli, Stefano Bersani, Bob Bernardini (con dischi e trasmissioni registrate)
radio veronica:
Carlo Betti
radio veronica, radio punto, radio incontro:
Max Battaglia
radio pereira:
Andrea Marzi, Andrea Zucchi

PAOLO ANGELETTI che in occasione dei 25 anni dalla fondazione della radio
(13 dicembre del 2002) scriveva:
PESARO — Domani una serata riunirà (per festeggiare?) gran parte delle persone che presero parte ad un’avventura irripetibile. Quell’avventura si chiamava Radio Pesaro Centrale.
Da quando nacque sono passati 25 anni e la cosa fa un po’  impressione. Era l’autunno del 1976: il Pci aveva appena stravinto le elezioni dei diciottenni (per la prima volta al voto) e gli italiani avevano detto sì al divorzio con il referendum. C’erano; insomma; i segni di un ambiamento  epocale: di una coscienza in crescita; come si sarebbe detto allora.
Ma i segni del cambiamento non erano solo nell’aria. Anche  nell’etere: stavano infatti nascendo le prime radio. Per definizione libere (a differenza delle tv che; e oggi finalmente sappiamo perchè; sono sempre state private). Da questo caos (che non si trasformò mai in cosmo)  nacque Radio Pesaro Centrale; una cooperativa (quota 5mila lire) che riunì; in un progetto che racchiudeva in sè l’esaltazione del pionerismo; gente testimone  di diverse esperienze politiche: c’era la sinistra estrema (Lotta Continua e affini) e quella moderata (Psi; sindacato e Pri). Ne restò fuori il Pci; troppo monolitico e dogmatico per accettare quanto non si muovesse 
all’interno delle ascisse della linea politica del partito.  Marcello Stefanini; a dire il vero fu il più sensibile; ma a nulla valsero neppure alcuni incontri romani. Pare  piuttosto che l’ordine di tenersi fuori arrivò  direttamente da Chiarante. 
Si insediò il consiglio d’amministrazione; presieduto da Maria Adele Conti; e le frequenze modulate inondarono l’etere ancora poco affollata (in zona c’era solo Stereo Pesaro. Poi sarebbero arrivare Radio Punto e Radio  Veronica).
Fu certamente una grande esperienza: la radio si trasformò in un laboratorio politico e culturale. Le assemblee per dare la linea avvenivano in piazza Redi; nell’allora sede della Biblioteca Comuale. Incontri affollati ma vani: la radio continuava a essere in venire.
Non a caso il primo politico intervistato fu Guido Gaudenzi; capogruppo in consiglio comunale della Dc. Il comune denominatore di fondatori tanto diversi era la volontà di esprimersi senza censure in una realtà che  non offriva questa possibilità: a livello nazionale governava la bigotta Dc; a livello locale la pesantezza del Pci era un fardello e l’universo extraparlamentare era costellato di tante sigle che l’odierno Ulivo sembra  un partito unico. La radio aveva creato una zona franca; con una dialettica anche dura ma pur sempre aperta; tra i conduttori c’erano Gianni D’Elia; Paolo Fabbri; Roberto Bertinetti. I rapporti con le altre emittenti (Radio 
Alice a Bologna e Radio Pololare a Milano ma anche Radio Talpa a Cattolica; Radio Aperta ad Ancona; Radio Cicala a Senigalla e Radio Rosa Giovanna; quella di Sollier; a Rimini) permisero una crescita meno provinciale.
E poi l’impatto con la musica; la scoperta dell’America: Crosby; Still; Nash & Young; ma anche Coltrane. Brani che (la Rai era tutt’altra cosa) la gente poteva ascoltare solo nelle proprie case. 
Il punto più alto fu raggiunto con la tregedia di Francesco Lo Russo;  ucciso a Bologna. La radio aprì i microfoni e la gente; una cascata; telefonò. 
Chiedeva notizia; esprimeva il proprio pensiero. Il primo esempio di informazione alternativa. La radio acefala finì anche sul Corriere della Sera; chiamata in quel modo da Umberto Eco.
Poi arrivò l’inevitabile declino. I tempi stavano cambiando nuovamente e questa volta le prospettive erano grige: il futuro di quegli anni era di piombo. La radio finì per essere gestita dalla parte più legata all’extrasinistra: restò ancora la radio del movimento ma era il movimento che non c’era più straziato dal dibattito sul terrorismo (e non mancarono posizioni estreme) e alle prese con un pericolo troppo sottovalutato: l’eroina.
Da via Kennedy la sede si trasferì in via Giordani (dividendo i locali di Lotta Continua): erano arrivati gli anni Ottanta. Il risveglio fu  brusco; i  sogni erano finiti; ma in tanti si sono svegliati più consapevoli.
Paolo Angeletti

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